I significati che organizzano il modo di sentire e di pensare non sono il prodotto di una attività cognitiva individuale operante nella testa delle persone. Né sono oggetti statici collocati nell’ambiente culturale come sedimento del sapere collettivo. Essi sono il precipitato dell’inscrizione entro pratiche situate di discorso.
I significati che organizzano il modo di sentire e di pensare non sono il prodotto di una attività cognitiva individuale operante nella testa delle persone. Né sono oggetti statici collocati nell’ambiente culturale come sedimento del sapere collettivo. Essi sono il precipitato dell’inscrizione entro pratiche situate di discorso.
La soggettività è dunque costitutivamente multipla: un repertorio di molteplici identità locali, ciascuna espressione di una versione della mente corrispondente alla partecipazione del soggetto ad una pratica discorsiva attiva entro un campo intersoggettivo e dotata di una specifica forma culturale Ciò evidentemente non impedisce alle persone di sviluppare un senso stabile di continuità soggettiva, una rappresentazione dell’esperienza di se stessi come identità; né di concepire cartesianamente tale identità come una sorta di a priori fondativo e regolativo del pensiero. Si tratta tuttavia di riconoscere il carattere di costruzione culturale e narrativa di tale esperienza di identità.
In definitiva, i soggetti mettono in atto versioni della propria mente in ragione dell’ambito discorsivo in cui si collocano. Così, ad esempio, la stessa persona potrà ragionare in modi anche notevolmente differenti a seconda che sia inscritta in un ambito di discorso in cui pensa da docente, da genitore, da coniuge, da cittadino, da tifoso, da vittima di ingiustizie, ecc. Pensare è una operazione che avviene sempre in rapporto a ed in funzione di una cornice discorsiva. E’ in riferimento a tale cornice che si definisce chi pensa (il punto di vista dell’attore che pensa si costituisce in ragione del suo posizionamento entro un determinato contesto discorsivo), che cosa si pensa (la cornice rende pertinenti certi stimoli-eventi rispetto allo sfondo), perchè si pensa (il pensiero è direzionato: non è il frutto del dispiegarsi di un algoritmo cieco, ma una funzione argomentativa guidata da desiderio e scopi, che si definiscono entro i contesti di pratiche e di senso), come si pensa (ogni cornice è un selettore delle procedure discorsive e cognitive messe in atto dai locutori).
E’ necessaria a questo punto una precisazione. La cornice discorsiva non si definisce in ragione delle caratteristiche fattuali della situazione. In altre parole, l’identità locale non è il mero riflesso del ruolo sociale – per come definito dalla materialità/normatività delle condizioni di realtà entro cui si esercita – ma dipende dalla sua interpretazione intersoggettiva. Ad esempio, un determinato soggetto non penserà da docente semplicemente perché e nella misura in cui è immerso in una attività di insegnamento/apprendimento; piuttosto, si istituirà nella propria identità di docente tutte le volte (al bar parlando della squadra di calcio di cui è tifoso, durante la lezione di sci in settimana bianca, al museo, con il proprio figlio…) che condividerà con gli altri attori la simbolizzazione dell’ambito di discorso in termini di rapporto docente-discente. In modo complementare, un soggetto sul piano di realtà impegnato in un ruolo di docente, potrà agire tale ruolo attraverso altre versioni della mente, ad esempio nei termini della fantasia di essere il genitore dei propri allievi.
In chiave psicologica, dunque, il contesto è la cornice di senso emergente dalla co-costruzione intersoggettiva della situazione discorsiva, che seleziona la versione di mente/identità locale dell’attore.